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non costituisce “atto di persecuzione” qualunque lesione del diritto alla libertà di religione che violi l’art. 10 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea. Gli atti debbono costituire una violazione grave, sia della libertà del richiedente di praticare il proprio credo privatamente, sia di viverlo pubblicamente. Inoltre deve sussistere un rischio effettivo che l’individuo venga sottoposto a trattamenti o a pene disumane e degradanti dai soggetti indicati dall’art. 6 della direttiva 2004/83. Questa la decisione della Corte Europea nella sentenza del 5 Settembre 2012 sulle cause riunite C71 e C99/2011.